L'industria della moda è sempre più attenta alla sostenibilità e all’innovazione, dalla testa... ai piedi. Le proposte di scarpe ecologiche sono in costante aumento, così come la scelta di materiali alternativi ed eco-friendly, sia ad opera dei brand di nicchia, che hanno un occhio anche per lo stile, sia da parte della grande distribuzione.
Un tema più che attuale specie in materia di scarpe da ginnastica, in particolare di sneakers, tra gli oggetti del desiderio di ogni donna, un business da capogiro che sforna una media di 25 miliardi di paia all’anno (circa 34 milioni al giorno). Prodotto casual dominante nel mercato delle calzature per comfort e funzionalità, la sneaker, tanto basica nel look quanto difficile da creare, ha registrato un’ulteriore impennata nel post-emergenza, da qui la stringente necessità di sostituire le sue componenti con soluzioni a basso impatto ambientale.
Comporre i 65 pezzi che una scarpa può contenere richiede fino a 360 passaggi: un processo che, dall’estrazione del materiale, alla lavorazione, produzione e smaltimento, immette nell’aria un’enorme quantità di Co2: quasi 9,5 kg a scarpa, con circa 4 kg di materiali grezzi utilizzati. I dati elaborati da WGSN mostrano come le scarpe sportive in materiale riciclato abbiano registrato un aumento del 260% nel Regno Unito e del 156% negli Stati Uniti su base annua tra i nuovi arrivi P/E 20 acquistati online.
Ma l'utilizzo di materiali riciclati consente di risparmiare complessivamente solo il 10% di Co2: è importante pertanto sviluppare tessuti, sostanze e finiture che aiutino a ridurre l'impatto del prodotto finale sin dal principio, scegliendo catene di approvvigionamento circolari e tracciabili, concerie e fornitori di materiali innovativi, con un’attenta valutazione dell'impatto etico e ambientale del materiale stesso. E con l’obiettivo di azzerare completamente i rifiuti, riciclando il surplus di fabbrica e attingendo anche al post-consumo. Progettare per mono-materialità o selezionare materiali compatibili rende più facili il riciclaggio e la biodegradabilità, mentre puntare sulla qualità e sulla longevità è uno degli step necessari per educare il cliente a comprare meno, ma meglio.
La pelle e i tessuti biologici certificati all'origine garantiscono una maggiore durata del prodotto, e propongono alternative in contrasto con il sintetico ricavato da petrolio. Prodotto, quest’ultimo, che assieme alla plastica è molto comune tra le scarpe da ginnastica, che rende performanti, leggere e resistenti alle abrasioni e alle intemperie. Le scarpe sintetiche costituiscono circa il 25% del totale, e la produzione della tomaia raggiunge il 40% delle emissioni di carbonio. Poliestere, tessuti in nylon e in poliuretano, e similpelle sono materiali ad elevata emissione di Co2, a causa dell'energia necessaria per elaborarli. Il poliestere riutilizzato, però, richiede fino all'84% in meno di energia rispetto alla fibra vergine, così come l’utilizzo di plastica oceanica (8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani ogni anno) riciclata e scarti di produzione. Poiché i sintetici a base oleosa non si degradano facilmente, è importante utilizzare i bio-sintetici emergenti. Il cotone, traspirante, assorbente e lavabile, sta entrando tra i tessuti delle tomaie, così come altre fibre naturali. Da prediligere, il cotone biologico che ha un impatto ambientale pari alla metà di quello delle colture standard. Anche canapa, bambù, lyocell e lana hanno proprietà uniche, e sono tutte fibre traspiranti, antibatteriche e biodegradabili. Meglio utilizzare fibra grezza, non tinta, ed evitare aggiunte sintetiche che impediscono il riciclaggio o la degradazione.
Diverse aziende hanno avviato la produzione di scarpe vegane, con l’utilizzo di mais ma anche di scarti alimentari quali foglie di ananas, bucce di mela, scarti di sughero e di cactus, e avanzi di vinificazione, materiali a base vegetale che utilizzano meno acqua del cotone, emettono meno Co2 rispetto ai sintetici e sono più economici della pelle. L’utilizzo di pelle scamosciata e nabuk dona alla sneakers un’aura classica, oltre a traspirabilità e longevità, e una più facile biodegradabilità. Caratteristica, questa, propria anche dei biopolimeri emergenti di origine vegetale, che possono essere decomposti in modo facile e sicuro