Mittwoch, 16. Dezember 2020 MUTAMENTI. LA MODA DEVE TORNARE ALL’AUTENTICITÀ, CON UN PIZZICO DI TIKTOK

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MUTAMENTI. LA MODA DEVE TORNARE ALL’AUTENTICITÀ, CON UN PIZZICO DI TIKTOK

Le nuove sfide del mondo della moda secondo la visione di alcuni grandi suoi protagonisti, da Frida Giannini a Dries Van Noten e Casey Cadwallader di Mugler, dall’ ‘enfant terrible’ della Maison Balmain, Olivier Rousteing, al Managing Director di TikTok Adriano Accardo, senza dimenticare i fondatori di due delle maggiori showroom italiane, Riccardo Grassi e Massimo Bonini.

L’avvento del Covid-19 ha segnato inevitabilmente un punto di svolta anche nel mondo della moda, accelerando trend già in atto e facendo emergere e affermare nuovi bisogni e orientamenti da parte del consumatore. La riflessione sui nuovi percorsi della moda è stata al centro di molti incontri virtuali e webinar, come quello di Class Agorà intitolato ‘Next generation: dai designer ai social media’.

Dopo anni di silenzi e lontana dai riflettori, l’ex Fendi e direttrice creativa di Gucci, Frida Giannini, chiamata ad aprire i lavori, ha sottolineato come negli ultimi cinque anni siano avvenuti cambiamenti epocali che hanno interessato il mondo della moda, con marchi esplosi in tempi brevissimi grazie ad azzeccate operazioni di marketing e commerciali, al successo di pochi ‘pezzi’ diventati protagonisti sui social media, ma anche con un’overdose di logo e designer saliti alla ribalta a colpi di follower e personaggi più o meno noti ai front show. Secondo la Giannini, l’avvento della pandemia sembra aver portato a riflettere più a fondo sul vero concetto di moda e di lusso in particolare, distinguendo tra brand destinati ad un successo effimero, in quanto fondati su mode momentanee e sulla popolarità regalata da social media e influencer, e marchi che fanno vera ricerca e innovazione, che conoscono a fondo il lavoro, la materia, la sartorialità, l’artigianalità.

La moda, e la pandemia lo ha reso ancor più evidente, deve tornare alle origini, all’autenticità, al ben fatto. E questo richiede i suoi tempi. Un tema, quello dei tempi della moda, che è stato al centro del cosidetto ‘manifesto’ di Dries Van Noten, che potremmo riassumere nel motto ‘produrre meno e produrre meglio’. “Durante il primo lockdown ci siano resi conto che era tutto troppo veloce. C’era troppo di tutto e il piede era sempre premuto sull’acceleratore – afferma il celebre stilista belga -. Sentivo il bisogno di rallentare. I clienti non sapevano più cosa cercare in negozio, le vetrine proponevano pellicce in estate e abiti leggeri in inverno, e soprattutto era venuto meno il valore di ciò che facevamo. L’avvento della pandemia ha di colpo portato il mondo a rallentare e a riflettere e questo è andato anche a vantaggio della sostenibilità”.

“Siamo tornati all’essenza della moda, alla creatività vera e non solo a pensare al business. Oggi i clienti cercano capi più esperienziali e destinati a mantenere il loro valore nel tempo. Si è anche ritornati a creare a chilometro zero là dove  ci sono persone in grado di dar vita, con le loro mani, a creazioni meravigliose”. 

Casey Cadwallader, designer di Mugler, parla di ‘See now, buy now’ o ‘Jump and done’ (cioè salti dentro la vetrina e l’oggetto è pronto). La moda torna quindi vicina al consumatore che cerca e desidera un abito o un accessorio nel  momento in cui lo compra, e va così a ripensare una timeline che non funzionava più. Le collezioni stesse diventano più reali, concrete e dirette.

Il manifesto sulla slow fashion è condiviso anche dall’enfant terrible Olivier Rousteing, direttore creativo di Balmain: “La pandemia ci ha obbligati a essere più creativi e, al contempo, a guardare all’heritage del brand. Il cliente vuole autenticità  e qualcosa di timeless in un periodo dominato dall’instabilità”. Olivier ha anche sottolineato l’importanza di una moda sempre più inclusiva e genderless, lui che ha vestito le curve esplosive di Kim Kardashian, ma che amerebbe anche interpretare  lo stile vincente della nuova vice-presidente degli Stati Uniti, Kamala Harris.

Secondo Van Noten, anche il retail è cambiato con la pandemia, tanto che lui stesso ha di recente aperto uno store di nuova concezione a Los Angeles, con grandi metrature e multifunzionale: “Il futuro non sarà tutto solo virtuale, tutto e-commerce, ma ci sarà ancora un ampio spazio per i negozi fisici, per i brick-and-mortar, che vanno però ripensati”. Lo stilista ha creato a L.A. uno spazio dove non si vendono solo abiti, ma si organizzano mostre d’arte, presentazioni con pittori che dipingono sulle pareti, dove è presente un’area musicale in cui ascoltare e fare musica, spazi dove ci si può esprimere attraverso le arti applicate, e persino degli spazi-archivio dove presentare pezzi delle passate collezioni o portare abiti second hand. “È un luogo di contaminazioni, dove vengono persone per vedere, ascoltare…”. 

La stessa vendita online, secondo lo stilista, avrà un ruolo diverso nel prossimo futuro. “L’e-commerce è un canale psicologicamente diverso rispetto al brick-and-mortar, su cui compri cose diverse rispetto al canale fisico. Sono due canali paralleli ma diversi”. Van Noten afferma che il punto vendita virtuale non deve diventare uno spazio ombra dedicato solo allo sconto e all’affare, ma dovrà sempre più essere un canale dove si compra qualcosa di diverso, mentre lo store fisico sarà il luogo delle emozioni, dove si acquistano abiti esperienziali: “Negli anni 90 era diventato tutto flagship store, mentre oggi abbiamo la possibilità di comunicare in modo diverso, con canali di vendita diversi”.

È interessante anche l’interpretazione che ha dato del digitale lo spazio Bonini in ottica post-pandemia, con la creazione di veri e propri eventi in showroom in grado di trasmette in modo molto definito e forte il concept di ogni brand. Questo modo di trasportare il ‘fisico nel digitale’ ha avuto un ottimo riscontro e verrà riproposto anche nel prossimo futuro. 

Riccardo Grassi, dell’omonimo showroom milanese, è addirittura dell’opinione che anche quando l’epidemia sarà passata, le presentazioni delle collezioni in digitale resteranno a coprire comunque un 20-30 per cento del totale, così come cambierà inevitabilmente il valore stesso delle Fashion Week internazionali.

Il digitale è anche al centro della presentazione della collezione di Mugler, con un video celebrativo di grande impatto che ha registrato il numero record di 1,3 milioni di visualizzazioni, e che Cadwallader definisce ‘una pillola di entertainment’ che potrà probabilmente essere rielaborata ed ‘esplosa’ anche in futuro, dopo la fine della pandemia.

E poi c’è il grande tema dei nuovi social media, a cominciare da TikTok, che oggi conta quasi 100 milioni di utenti attivi mensili e 2000 dipendenti in Europa e che sta sempre più rubando la scena ai vari Instagram e Facebook, soprattutto tra le generazioni dei Millennial e la GenZ, particolarmente importanti per il mondo della moda perché alla guida della crescita del lusso (nel 2019 il 100% della crescita globale del lusso è riconducibile a loro). Secondo Adriano Accardo, Managing Director di TikTok GBS (Global Business Solutions) Southern Europe, la chiave del successo del social più amato dai giovanissimi (e non solo), è che ha saputo democratizzare la creatività e questo ha permesso di dar vita a continue nuove tendenze… Per questo TikTok è ‘naturalmente’ affine al mondo della moda, che infatti se ne sta sempre più innamorando, da Moncler che ha usato Will Smith come influencer, anzi come ‘creator’ come lo definisce Accardo, a Prada, Vuitton, Gucci, Mugler.

Anche il tipo di comunicazione che TikTok offre è diverso da quello dei suoi diretti ‘concorrenti’. Secondo Accardo, infatti, TikTok si distingue per un modo di comunicare più spontaneo, più reale, autentico e, perché no, meravigliosamente imperfetto, oltre che inclusivo dal momento che tutti possono essere creators, non solo gli influencer. Ne è un esempio esemplificativo Burberry, che ha chiesto alla community di giocare con il proprio logo in modo divertente, spontaneo, e innovativo. Oppure Gucci, che con l’hashtag ‘Accidentally influencer’ ha scelto come modelle due signore ‘forever young’ o diversamente giovani, che ballano allegramente e in modo spontaneo.

Si passa quindi dall’irraggiungibile perfezione dei servizi fotografici con modelle impeccabili e bellissime, a una comunicazione più spontanea, giocosa, vulnerabile e inclusiva, che svela tra l’altro nuovi aspetti della personalità del brand. Capire il linguaggio della piattaforma diventa quindi fondamentale per sfidare i limiti della creatività. Tanto più che i trend che nascono su TikTok spesso trascendono e vanno oltre i confini della piattaforma. Basti pensare all’hashtag ‘HarryStylesCardigan’ di J W Anderson che nasce in piattaforma, diventa virale con 38,6 milioni di visualizzazioni, ed esce dal digitale lanciando il marchio che offre alla community le istruzioni per crearsi il proprio cardigan a casa.